L'arte di tuffarsi nella profondità dell'arte. E di se stessi. Come facevano nei secoli, come possiamo fare oggi.
Storica e critica dell’arte (Università “Ca’ Foscari”, Venezia).
Perfezionata in Antropologia Culturale e Sociale (Facoltà di Psicologia, Università di Padova).
Specializzata in Arte Terapia a indirizzo psicodinamico ATI (Art Therapy, Bologna).
Albo Apiart n. , Associazione Arte Terapeuti Italiani.
Sono una storica e critica dell’arte che guarda le opere con delle lenti un po’ speciali che permettono di incontrare la profondità nascosta nella superficie della pittura e della scultura. Vado alla ricerca dei motivi ‘irrinunciabili’ che da sempre spingono un artista a fare arte e un pubblico a guardarla, in altre parole alla ricerca delle radici biologiche del fare artistico. Vedo la forma e nello stesso istante vedo quello che porta con sé dal profondo, quello che la circonda e che essa non dichiara, ma di cui è piena. Accade perché studiare la storia dell’arte e l’iconologia regala una pioggia di simboli, fatti, disfatti, ripetuti, combinati, ricombinati, nascosti, riemersi. Quando racconto quello che vedo, il mio corpo sente quel segno e lo interroga; solo dopo arriva dal vicino campo della storia dell’arte la nozione che sostiene, e a volte no, quello che ho sentito. La cultura segue il sentire e si trasformano a vicenda.
Volendo risalire alle radici del fare simbolico, l’antropologia culturale è stata la soglia attraverso cui recuperare la conoscenza dei simboli e dei riti che hanno accompagnato, e accompagnano tuttora, l’umanità da centinaia di migliaia di anni. L’interesse per quanto c’è di simbolico e inconsapevole nel comportamento di un individuo e di una società mi ha guidata nello studio dell’arte e dei processi creativi. La Mitologia trova particolare spazio nella mia ricerca.
Ho approfondito la relazione uomo-animale nella storia dell’arte occidentale a partire dalle riflessioni della zooantropologia e dell’etica. Cercare di guardare gli animali fuori dalle pesanti proiezioni e manipolazioni che l’essere umano tende a fare, è una via maestra per riavvicinarci alla dimensione biologica che ci unisce alla natura. Occuparsi di animali anche per tornare a onorare l’animale essere umano.
Non è quello che sembra. E’ un luogo misteriosissimo, fucina di ambivalenze sull’orlo di sanarsi, contraddizioni sull’orlo di un equilibrio, cerchi quasi quadrati e viceversa. Occuparsi di bellezza, non vuol dire avvicinarsi alla moda, alla decorazione, alle belle arti, ma accettare di incontrare impensabili luoghi di lotta e conciliazione. Dove un colore e una composizione possono essere i riflessi di una riparazione profonda.
Seguo con perenne e inesaurita meraviglia i processi creativi dispiegarsi in chi si esprime e produrre forme moderne o antichissime, per ciascuno in modi singolari e sapienti. Occuparsi di creatività significa per me fare chiarezza sulle dinamiche dei processi creativi per ridimensionare questa funzione oggi spesso fraintesa e sicuramente abusata. Essere creativi significa riconoscere di appartenere al flusso della creatività biologica, che ci precede e nel quale occupiamo come esseri umani una singolare posizione.
Disegnare (e poi dipingere) è la via maestra per sentire un’emozione mentre diventa forma, il gesto mentre porta nel mondo l’emozione a cavallo di quel segno. E viceversa: quando vedi un cespuglio dipinto risalirai all’angoscia che lo riempie, davanti al petalo incontrerai la gioia che lo sostiene.
C’è un altro filone di ricerca che mi ha appassionato nel tempo. Le tematiche sulla femminilità che per anni ho incontrato nei Laboratori Espressivi Donne alla Scoperta che ho condotto, sono quelle che hanno portato alla nascita delle serate Vaginalia, ciclo di incontri per conoscere storia e simboli del femminile, per costruire un futuro nuovamente rispettoso della complessità dei generi nella nostra specie.
Si vis vitam, para mortem, se vuoi vivere (meglio), prepara la morte, falla entrare nella tua vita. Nascite e morti impastano la vita; per vivere meno impauriti, angosciati e in fuga da un apparente non senso, questa è la via suggerita dagli antichi da sempre. Oggi siamo particolarmente in difficoltà davanti a questa pratica, così anni fa ho inaugurato “L’arte di morire (e di vivere)” un ciclo di serate e laboratori che ora sono confluiti in un libro.
Percorro la via che collega il mio inconscio alla mia consapevolezza. Aver ripercorso la mia storia profonda mi ha fatto ritrovare i simboli che costellano la storia dell’arte e allora… è tutto più facile! Li vedi fuori e li riconosci, hai conosciuto la loro formazione millimetro per millimetro dentro di te. E più a fondo scavi, più strada fai, più le forme parlano.
Dal 1995 conduco visite guidate classiche ed espressive a Musei e grandi mostre in cui favorire nei partecipanti un’esperienza estetica il più possibile autentica, cioè vicina agli specifici bisogni individuali. Ciò significa partire dallo spettatore, non dalle audioguide o dal mio discorso e lasciare che avvenga l’imprevedibile incontro tra egli e la (sua) opera.