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Perché è importante più di sempre andare a visitare la Biennale 2024 FOREIGNERS EVERYWHERE

Perché la Biennale dei curatore Adriano Pedrosa è una Biennale generosa.

Questa volta si dà il problema e la soluzione. Una non facile soluzione perché è complessa e ci porta dritti dentro la natura umana, quella di ognuno di noi. Ma che finalmente fa intravedere una via.

Soluzione a cosa?

Alle ingiustizie nel mondo del Sud e al malessere che ne deriva al Nord; alle storture della natura umana che, se impara a vedere diversamente, può vivere meglio; al disagio presente e silente nella nostra società, cioè in ognuno di noi davanti al sopruso, al male, alla stupidità, all’impotenza.

Sul piano storico c’è una denuncia sempre più circostanziata, difficile, a tratti dolorosa da sostenere per noi nati nella società occidentale. Siamo chiamati a confronto, a vedere i crimini o a volte gli errori commessi nei secoli verso il Sud del mondo anche dal punto di vista filosofico ed epistemologico.

Fin qui se la Biennale si fermasse alla denuncia ci sarebbe spazio per i sentimenti di vendetta, rivendicazione, rivincita. Ma abbiamo detto che questa edizione è generosa. E mostra come la prospettiva psicanalitica sia stata digerita in questo secolo al punto da poter fecondare le istituzioni, qualora siano disponibili.

Cioè siamo pronti a vedere che quello che nei secoli coloniali e postcoloniali questa parte del mondo ha fatto a un’altra parte del mondo, quello che nei secoli precedenti essa faceva al suo interno, è quello che in ogni istante ognuno fa dentro di sé a certe parti di sé.

Ecco svelato il titolo e la visione sottostante: c’è lo straniero fuori (tanti stranieri), c’è uno straniero dentro (tanti stranieri). Se impariamo a trattare con quello dentro di noi, affidandoci alla legge naturale del rispetto, potremo smettere di proiettarlo fuori di noi e violentarlo fuori di noi.

Ci sono gli stranieri, i migranti, gli outsiders, i queer, le popolazioni indigene. Nei secoli trucidati, emarginati, violentati, schiacciati. E ci sono le nostre ombre, paure, rimozioni, angosce, ma anche i nostri desideri, vitalità, gioie rimosse, violentate o ignorate.

E qui Pedrosa piazza il colpo maestro.

Forse non è sufficiente fare un viaggio dentro di noi, se la nostra torcia getta una luce critica, perfezionista, malinconica, nostalgica, moralistica con tutti i sottili stratagemmi che la morale costruisce per salvare una visione del mondo capeggiata dal nostro Io o SuperIo. Un mondo di crogiolate colpa e redenzione, di necessità di una salvezza tragica e illusoria.

Il colpo da maestro è il colore. E’ la danza, è la potenza del gruppo. E’ l’allegria e la leggerezza. E’ la – comunque – gioia di essere al mondo dopo avere visto le brutture, gli eccidi, i traumi che l’umano compie fuori e dentro di lui. Ci racconta Jeffrey Gibson nel padiglione USA.

E’ la memoria, la spiritualità e la parentela di tutti i viventi come ci mostra Archie Moore nel padiglione AUSTRALIA (vincitore del Leone d’oro).

Nei fatti manifestare e rivendicare la vitalità che è necessariamente figlia del perdono, quindi di un enorme lavoro di trasformazione del dolore è il dono che arriva dal Sud del mondo.

E’ un’energia fresca, potente, inarrestabile e soprattutto consapevole. Sapiente. Quella con cui siamo invitati a vivere da questa Biennale.

Il problema non è come potrebbe sembrare ad una prima lettura che ci sono i cattivi – gli Europei – e i buoni – gli indigeni. E’ una visione rischiosa e imprecisa. La storia della sopraffazione del colonialismo e poi della sopraffazione dell’estrattivismo e oggi della gestione delle politiche migratorie ha preso negli ultimi secoli la forma dell’Europa, ma prima ancora trovava spazi nelle società schiaviste, misogine, nelle guerre. E’ una questione legata alla natura umana.

In altri termini la Biennale attraverso la storia porta a galla la “stortura della struttura” psichica umana che genera il bene, l’arte, ma anche (tanto) il male.

E il padiglione ITALIA con Massimo Bartolini ci mette lo zampino, spostando ancora oltre le pratiche che l’umano può coltivare ogni giorno per fiorire al meglio della sua natura.

Questa natura abbiamo e, come questa volta ci illumina il Padiglione GIAPPONE con Yuko Mohri… a tutto c’è (creativo e provvisorio) rimedio!

Le nazioni europee affidano ai loro figli indigeni la rappresentanza dell’intera nazione, per la prima volta nella storia della Biennale in modo così massiccio: una peruviana in Spagna, un figlio di madre aborigena e padre discendente (galeotto) scozzese per l’Australia, un cherokee per gli Stati Uniti, un martinicano per la Francia, un ghanese per l’Inghilterra, un brasiliano per la Svizzera, una russa per l’Austria.

Quindi… Buona visita!

 

 

GIARDINI

Padiglioni consigliati: Svizzera, Giappone, Corea, Germania, Australia, Usa, Israele, Brasile, Austria, Spagna.

Padiglioni consigliati in seconda battuta: Canada, Francia, Ceco e Slovacco, Uruguay, Olanda, Belgio.

ARSENALE

Padiglioni consigliati: Argentina, SudAfrica, Perù, Arabia Saudita, Irlanda, Uzbekistan, Italia, Cina.